Roma: Donne scappate da compagni violenti, erano approdate con i propri figli nella casa famiglia, dove gli abusi erano continuati. La direttrice dell’istituto era arrivata a inviare false relazioni al Tribunale dei minorenni, dove asseriva che le ospiti non erano idonee a prendersi cura dei propri figli.

Dalle relazioni della direttrice, il Tribunale per i Minorenni eseguiva sentenze di allontanamento, senza alcuna verifica ulteriore. Tutte le relazioni venivano prese come fossero oro e su quelle il tribunale agiva. Violenza su violenza, quello che quotidianamente subisono le donne che hanno il coraggio di denunciare i maltrattamenti subiti in famiglia.

Vittime due volte, prima di un padre e marito violento, poi delle istituzioni, le donne che denunciano entrano nel trita carne delle istituzioni, controllate a vista da servizi sociali, neuropsichiatri e psicologi forensi, con le loro relazioni, a volte prive di un fondamento denigrano la donna e madre facendola sentire colpevole.

Nella casa famiglia oggeto delle indagine, gli inquirenti raccontano di una donna fatta spogliare perché sospettata di avere un microfono addosso. Un fatto di una gravità inaudita.

La direttrice forte del potere che aveva si sentiva autorizzata a compiere sulle ospiti qualsiasi tipo di azione vessatoria. “Vi faccio portare via i figli”, questo era il clima in cui le ospiti vivevano terrorizzate, sono minaccia perenne dell’operatrice.

La casa famiglia teatro di questi episodi di violenza riceveva dai servizi sociali una retta mensile per ogni donna e si riforniva presso un ristorante dove prendeva cibo avariato.

I controlli da parte del tribunale per i minorenni e dei servizi sociali, non ci sono, le relazioni che i servizi pongono alle atenzioni dei giudici, sono un copia e incolla di quelle che le strutture inviano ai servizi. Le operatrici dei servizi sociali, in molti casi, non conoscono neppure la donna.

Claudio Greggio presidente dell’Associazione Una Vita Sottile commenta: “Ho sentito di episodi inenarabili, cose che fanno accapponare la pelle, la colpa è delle istituzioni, che adesso non possono nascondersi dietro all’operatrice scaricando tutte le responsabilità”. E continua: “il Tribunale per i Minorenni doveva verificare, questo Tribunale di Roma è famoso per gli allontanamenti facili, serve meno potere ai servizi sociali e una riforma del sistema giuridico minorile”.

La responsabile dell’istituto è stata condannata in primo grado a tre anni di reclusione e al pagamento di 50mila euro alle donne maltrattate.

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